August von Goethe (1789-1830)

Via Caio Cestio 6

Sulle orme del nonno, Johann Caspar, e su quelle del celebre padre, Johann Wolfgang, August von Goethe si recò in Italia per svolgere il suo personale Gran Tour.

Unico figlio sopravvissuto del grande poeta, che ebbe con la moglie Christiane Vulpius 5 figli di cui quattro morti in tenera età.

Arrivò in Italia nell’aprile del 1830 visitando le principali città del Paese, e tenne anche lui un diario di viaggio, che solo recentemente è stato edito da due studiosi tedeschi che hanno portato a conoscenza le annotazioni che il figlio del grande letterato tedesco scriveva giorno per giorno e inviava diligentemente al padre a Weimar con il titolo “In viaggio verso il Sud (Auf einer Reise nach Suden)”.

Pur non essendo in buone condizioni fisiche e spirituali, August partì ugualmente poiché pensava che un viaggio in Italia gli avrebbe giovato, anche se il suo viaggio fu ben diverso da quello paterno, che affrontò quasi come un dovere familiare e con una ansia costante che non riusciva a dominare.

Viaggio che si concluse con la sua morte improvvisa avvenuta a Roma il 27 ottobre del 1830, dovuta verosimilmente a cirrosi epatica. Scomparve a quaranta anni lasciando una moglie e tre figli.

Gli amici tedeschi lo fecero seppellire nel Cimitero acattolico presso la Piramide Cestia. Sulla tomba il padre commissionò una stele in marmo e un medaglione in bronzo a rilievo con il ritratto del figlio che affidò a B. Thorwaldsen con l’iscrizione in latino “Goethe filius patri antevertens obi it annor XL – MDCCCXXX” (che tradotto significa “precedendo il padre, è morto il figlio di Goethe di 40 anni-1830”)

Nel Viaggio in Italia scritto molti anni dopo la sua effettiva realizzazione, Goethe andava sovente con il ricordo al suo sfortunato figlio, che lo aveva preceduto nella morte, e in particolare molto pertinente ci appare il racconto che propone nel giorno 21 febbraio 1787.

In partenza per Napoli, sente la necessità di riordinare i pensieri, le descrizioni del tempo passato a Roma, e sa che molte sono le contraddizioni insite nei suoi ricordi, ma dice di non potersene accorgere “sballottato qua e là come sono da forze sovrumane, è più che naturale ch’io stesso non sappia dove mi ritrovo”.

E ancora, come non pensare allo sfortunato August, nella mente del padre, che nel prosieguo della lettera racconta del nocchiero che, sorpreso in mare da una notte burrascosa si sforzava di tornare a riva, e il suo figlioletto, stringendosi a lui nel buio gli domandava “babbo che cosa sarà mai quello strano lumicino che si vede lontano, ora più su ora più giù di noi? Il padre promise di spiegarglielo l’indomani, e si seppe allora che era la luce del faro, l’altalena dei flutti infuriati la mostrava all’occhio ora più in basso ora più in alto. Io pure navigo verso il porto su un mare pateticamente agitato, e se saprò tener fermamente d’occhio la luce del faro, anche quand’essa mi sembrerà cambiar posizione, alla fine toccherò riva risanato.

Ad ogni partenza la mente ritorna alle partenze precedenti e corre senza volerlo, anche verso quella che ci attenderà per ultima; e il pensiero non mi dà tregua, stavolta più che mai, è che ci proponiamo nella vita progetti assolutamente esagerati”.

Come il nocchiero che naviga verso un porto sicuro per portare a riva il figlioletto, così Goethe aveva il grande rammarico di non aver portato a riva il suo unico figlio August che navigava tra i flutti della vita in un mare in tempesta. E la mente correva alla sua partenza da Weimar e che era stata la sua ultima partenza.

Il Cimitero Acattolico di Roma

Il Cimitero Acattolico di Roma risale verosimilmente al 1716, con il primo permesso concesso dal Papa Clemente XI alla sepoltura dei membri in esilio della Corte scozzese degli Stuart.

Permesso, che successivamente fu esteso ad altri viaggiatori e persone di fede non cattolica.

Oggi come allora, il luogo delle sepolture è costituito dal terreno a ridosso di due antichi monumenti: la Piramide di Caio Cestio, risalente circa al 12 a.C., e le Mura Aureliane, che fanno da cornice di sfondo al Cimitero.

A Roma la destinazione di uno spazio in cui seppellire persone di culto non cattolico fu tra le ultime in Italia, essendo già avvenuto in altre località, soprattutto portuali con l’affermazione delle flotte inglesi nel Mediterraneo, come a Livorno nel 1598, con l’accordo tra Elisabetta I° e Ferdinando I°, che costituì il primo cimitero protestante in Italia.

Nei successivi cento anni dal primo accordo, molte città italiane videro sorgere cimiteri acattolici, quelle che accoglievano comunità di mercanti stranieri come Napoli, Genova, Venezia, Trieste, Messina e Palermo, ma anche città dove si stavano aggregando comunità aristocratiche, artisti, e letterati come Firenze, Roma, Taormina e Capri.

Lo stesso accadde nelle colonie delle stazioni climatiche della Riviera italiana e nelle località termali come Bagni di Lucca.

Oggi con la scomparsa o la notevole riduzione di queste colonie straniere, anche i cimiteri acattolici sono in parte abbandonati all’incuria del tempo e della storia, con evidenti segni di degrado, e in assenza di una cultura da tramandare, assediati da città senza confini, alla perenne ricerca di nuovi spazi da fruire per le collettività cittadine.