Ristorante La Campana

Vicolo della Campana, 18, 00186 Roma RM

Oh, come lieto mi sento qui a Roma! Di gioia in gioia ora mi sento ispirato su classico suolo; passato e presente mi parlano con voce più alta, più fascino. Ma le notti Amore mi vuole intento a opere diverse: se divento dotto a metà, doppio è il piacere che provo. E non mi erudisco mentre spio le forme dell’amabile seno, guido la mano giù per i fianchi? Solo allora intendo il marmo; penso e raffronto, vedo con occhio che sente, sento con mano che vede. Ma una cosa più di tutte mi riesce sgradevole, amici, e voglio confessarvelo: dormire solo di notte. Per questo Faustina è la mia fortuna; volentieri divide il letto con me e si serba fedele a me fedele. Mi apparve un tempo, una ragazza bruna, i capelli le cadevano scuri e folti sopra la fronte, riccioli corti s’inanellavano intorno al collo grazioso, i capelli sciolti si attorcevano dalla scriminatura. Non potei disconoscerla, ghermii la fuggente, e subito mi rese abbraccio e bacio con docile amore. Come ne fui felice!

Come molti dei viaggiatori che soggiornavano per lungo tempo a Roma, anche Goethe era solito uscire e riunirsi con gruppi di amici e conoscenti, spesso dei connazionali anch’essi in visita alla Città Eterna, come ad esempio il pittore Tischbein, che dipinse il famoso ritratto di Goethe nella campagna romana. Punto di ritrovo “strategico” del gruppo di amici di Johann Wolfgang era un tipico e rinomato ristorante del centro città, non lontano dalle banchine del Tevere: il ristorante “La Campana”.

Aperto fin dal 1518 nell’omonimo vicolo fra via della Scrofa e piazza Nicosia, è il locale più antico di Roma (ma probabilmente del mondo) dove da ben cinque secoli si mangiano tutti i piatti tipici della cucina romana: dalla coratella con i carciofi alla cacio e pepe, dalla trippa alla coda alla vaccinara fino alle animelle di abbacchio, autentica eccellenza culinaria del ristorante.

Le prime cronache del periodo umanista raccontano che « il vicolo della Campana da questo locale ha preso il nome, dove al numero civico 18 fino ai nostri giorni è sopravvissuto». E che i suoi battenti siano stati aperti nel 1518 è ricordato nel manoscritto «Taexae viarum» (ossia le tasse che si pagavano sulla manutenzione delle strade). Il locale è nominato anche in un censimento del 1526, dove si parla di Pietro de la Campana. Nel 1622 lo dirigeva un tal Giacomo, ma le memorie storiche proseguono fino ai giorni nostri.

Il ristorante è sempre stato frequentato da grandi nomi della società nelle varie epoche che, indenne, ha attraversato: da Caravaggio (inizi del ‘600) fino a Mario Draghi e Riccardo Muti, passando per Picasso, Fellini e, ovviamente, Goethe, che ha ricordato l’osteria nelle sue “Elegie romane”, senza dubbio la più licenziosa delle sue raccolte poetiche.

Proprio dalle “Elegie” è stato tratto un simpatico dialogo tra Johann Wolfgang e Faustina, la sua amante romana e nipotina prediletta di quello che all’epoca era il titolare de “La Campana” e rappresenta la parte un po’ più piccante dello Spettacolo “Goethe Back to Rome”:

FAUSTINA

Ricordi? Stavano seduti intorno al nostro tavolo i tuoi amici tedeschi; di fronte a te io cercai il posto più vicino a mia madre, spostai più volte la panca e con tanta maestria che…

GOETHE

… Io potevo vedere il tuo volto a metà e tutta la nuca. Parlavi a voce alta per essere una Romana, mescevi, guardavi rivolta a me e versasti mancando il bicchiere.

FAUSTINA

Ah, sì, il vino si sparse sulla tavola ed io, con il dito, tracciai sul piano del legno umidi cerchi. Intrecciando con il tuo il mio nome.

GOETHE

Sempre con cupidigia il mio sguardo seguiva il ditino grazioso, e certo non ti sfuggì.

FAUSTINA

Alla fine tracciai alla svelta il segno del cinque romano e un’asta davanti. Appena tu vedesti il disegno, subito intrecciai cerchi su cerchi, per confondere lettere e cifre.

GOETHE

Ma quel quattro incantevole mi rimase impresso negli occhi. Ero stato seduto in silenzio, mordevo a sangue il labbro di fuoco per la malizia e il piacere, e per il desiderio. È lunga prima che annotti! E poi ancora quattro ore di attesa! Ma poi… Quale felicità! Scambiamo baci fidati, respiro e vita suggiamo e ci infondiamo senza timore.

FAUSTINA

Le lunghe notti sono per noi un piacere, ascoltiamo, stretti l’uno all’altro, tempeste e scrosci di pioggia. Così fino alle prime luci dell’alba; le ore ci portano nuovi fiori, adornano il giorno a festa per noi.

GOETHE

In me trovi piacere, il barbaro forte straniero, che ti parla di monti e di neve, di case di legno… E sei di certo contenta del tuo ospite nordico, del barbaro che domina un seno e un corpo romani.

Certo, i tempi sono cambiati e ai giorni nostri i luoghi del “rimorchio” si sono spostati dai ristoranti ai locali notturni come cocktail bar e discoteche, e tuttavia un ristorante come “La Campana” resta un’icona della cultura eno-gastronomica, del buon gusto e dello stile di vita tipicamente italiano e romano, che, incurante dello scorrere del tempo, attraversa le epoche, le forme di governo e gli uomini.